“Vado in cerca di profondità, di senso, di poesia, di piacere. Questo significa fare architettura oggi. Non stiracchiare la città in luoghi dove non c’è. Significa partire da una realtà e poi arricchirla” – Jean Nouvel
Jean Nouvel nasce nel Sud della Francia, a Fumel nel 1945. Nel 1964 si iscrive all’École des Beaux-Arts di Bordeaux al corso di Architettura. Nel 1966 viene ammesso come primo allievo alla Scuola superiore di Belle Arti di Parigi dove si laurea nel 1972.
Al periodo di studi risale la sua esperienza al fianco di Claude Parent, padre della «funzione obliqua»: nello studio del grande radicale francese svilupperà tanto la tendenza al sottolineare una cifra avanguardistica in ogni proposta architettonica, quanto un approccio hands-on, cominciando da subito ad operare nei cantieri, ma soprattutto una pratica della discussione e della critica — essenziale negli anni attorno al ’68, in cui Nouvel si forma — che sarà poi base del suo posizionamento teorico nel discorso architettonico interazionale.
La crescita della sua figura passa attraverso l’inserimento nell’onda di nouvelle architecture française degli anni ’80 di Mitterrand, che vuole portare la Francia in una posizione di avanguardia nella ricerca tecnologica, unita ad un’attenzione per il contesto urbano: in questo scenario, Jean Nouvel si sviluppa come soggetto libero, che valorizza l’importanza degli aspetti espressivi delle tecnologie costruttive, dell’high-tech di quegli anni, creando macchine dal forte valore iconico e dai molteplici contenuti linguistici.
Le prime attenzioni pubbliche arriveranno per la clinica Val Notre Dame (Bezons, 1978-80), articolandosi poi nella modularità degli involucri metallici del complesso abitativo Nemausus (Nîmes, 1985), ma è con l’Institut du Monde Arabe — sviluppato tra 1981 e 1987 con Architecture Studio — che si ha il compimento pieno di questa fase.
Da questi progetti prenderà forma il suo posizionamento di archistar alla scala globale, ma anche la sua particolare posizione rispetto all’architettura cosiddetta d’autore: già in dissenso con Claude Parent, Jean Nouvel sosteneva come l’architetto non potesse risolvere personalmente tutti gli aspetti del progetto; da qui deriva lo sviluppo di un approccio – portato avanti dai primi anni ’90 con la fondazione di Ateliers Jean Nouvel – che agisce caso per caso, improntato all’integrare l’interpretazione dell’architetto con gli input dello specifico tema o luogo. È il caso della sopraelevazione dell’Opéra di Lione (1993) che raddoppia il volume dell’esistente edificio in pietra con una iconica addizione a botte in vetro e acciaio.
Negli anni 2000 arrivano molti riconoscimenti: il Premio Imperiale nel 2001, il Wolf Prize nel 2005, il Pritzker nel 2008. Negli stessi anni continua la produzione di grandi progetti pubblici in tutto il mondo, caratterizzati sempre più da un’attenzione all’edificio come oggetto dal valore di scultura alla scala urbana: il Musée du Quai Branly (2006) porta nel cuore di Parigi il terzo paesaggio unito alla narrazione dell’origine delle civiltà, così come la Concert Hall di Copenhagen (2009) gioca sull’ambiguità di involucro e contenuto creando un nuovo senso anche per il contesto stesso dell’edificio.