”Ecco ciò che amo dell’architettura: se è buona, contiene tutti i colori dello spettro della vita; se è cattiva, i colori sbiadiscono fino a svanire. Ogni edificio racconta una storia o, meglio ancora, diverse storie.” Daniel Libeskind
Daniel Libeskind è una delle figure più poliedriche dell’architettura contemporanea.
Nasce a Lodz in Polonia nel 1943. Qui trascorre l’infanzia e coltiva la passione per la musica, che prosegue a Tel Aviv, in Israele, dove si trasferisce con la famiglia.
Nel 1960 consegue una borsa di studio messa in palio dall’America Israel Cultural Foundation, che gli permette di trasferirsi a New York.
Trasferitosi in Israele, Paese in cui si dedica allo studio della musica, si sposta prima negli Stati Uniti, dove consegue la laurea in architettura presso la Cooper Union nel 1970, dopo aver frequentato corsi tenuti da John Hejduk e Peter Eisenman, e in seguito in Inghilterra, dove ottiene una specializzazione in storia e filosofia presso la Essex University.
È considerato uno dei più importanti esponenti contemporanei dell’architettura decostruttivista, ruolo che gli è stato riconosciuto da Philip Johnson in occasione della mostra “Deconstructivist architecture”, svoltasi al Museum of Modern Art di New York.
I primi anni della sua attività professionale sono dedicati principalmente a studi ed esperienze didattiche: dal 1978 al 1985 insegna alla Cranbrook Academy of Art di Bloomfield Hills, Michigan, e nel 1986 fonda a Milano il laboratorio didattico sperimentale “Architecture Intermundium”, che dirige fino al 1989 divenendo collaboratore di Aldo Rossi.
Nel 1989 vince il concorso internazionale per l’ampliamento del Jüdisches Museum di Berlino, in cui due linee si incrociano in più punti a formare vuoti architettonici, spazi inaccessibili ma comunque chiaramente percepibili dal visitatore, che simboleggiano l’assenza degli ebrei berlinesi sterminati con l’Olocausto.
Sull’intersezione di due o più linee si basano molti dei progetti successivi al celeberrimo esempio berlinese: tra questi, la Filarmonica di Brema e la sede della JVC University. Quest’ultima è immaginata come raffigurazione degli intrecci tra logica, astronomia, matematica e geometria – da un lato – e tra fegato, cuore, spina dorsale e cervello dall’altro: ciascuna di queste entità prende forma in singoli edifici, assemblati intorno al vuoto del “Giardino della conoscenza”.
Importantissima tappa nella carriera dell’archistar di origine polacca, è il Masterplan per la ricostruzione di Ground Zero a New York. La Freedom Tower, meglio conosciuta come l’One World Trade Center, spicca sul nuovo skyline di Manhattan con i suoi 1776 piedi di altezza. Il grattacielo, sesto al mondo in altezza, fa parte di un progetto molto più ampio affidato allo studio Libeskind per la risistemazione di tutto il quartiere, il Ground Zero Masterplan di Lower Manhattan, che sarà completato nel 2021 rispettando in pieno lo spazio vuoto lasciato dalle precedenti Torri Gemelle.
In Italia Libeskind, vince nel 2003 il concorso per la ricostruzione di una parte dell’ex area fieristica della città di Milano dove progetta delle residenze a corte e una delle tre torri nel quartiere City Life. L’edificio, iniziato nel 2015 e tutt’ora in fase costruttiva, è soprannominato “Il Curvo” per il suo movimento concavo che si sviluppa in elevazione.
Sempre a Milano, in occasione di EXPO 2016, realizza “The wings”, quattro sculture in alluminio alte 10 metri, esaltate da effetti luminosi e da suoni, rivestite in materiale metallico riflettente e cangiante, che esaltano gli elementi cromatici delle sculture.